On.Vezzali: “Ho molto rispetto per quanti danno vita a questa realtà. Il riordino del settore è sempre auspicabile perché gli interventi spot qualche volta introducono correttivi, ma non danno risposte misurabili”

Di Sara Galmazzi
Dalle stoccate con il fioretto alle stoccate in Parlamento. Valentina Vezzali ha un passato da schermitrice e un presente da onorevole nel Gruppo Parlamentare Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE.
Recentemente ha presentato un’interrogazione scritta al Ministero dell’Economia nella quale richiede adeguate “Campagne di comunicazione e prevenzione sul gioco d’azzardo affinché si possa evitare ai più giovani di lasciarsi coinvolgere da tale attività” e un “programma di informazione sui rischi che corre chi gioca d’azzardo, utilizzando immagini forti come quelle adoperate per dissuadere dal fumo e dall’uso degli alcolici”.
On. Vezzali, lei ha presentato un’interrogazione parlamentare riguardante eventuali campagne di prevenzione sul gioco d’azzardo. Secondo lei cosa sarebbe opportuno che il Governo facesse per prevenire il disturbo legato al gioco compulsivo e aiutare chi è già affetto da Gap?
Prima di rispondere alla Sua domanda, vorrei fare una premessa. Io vengo dal mondo dello Sport e in tutta la mia carriera ho promosso i valori positivi che porta con sé. Valori che vanno oltre il rispetto dell’avversario e delle regole, perché un campione sportivo nell’immaginario collettivo e per i giovani è un modello da imitare, un simbolo, quindi essere un atleta è anche una enorme responsabilità.
Non mi stancherò mai di ripetere che dopo la famiglia e al fianco della scuola, lo sport è un’agenzia educativa che, spesso, viene utilizzata per evitare la dispersione scolastica, per impedire che giovani difficili vengano sedotti dalla criminalità, è un mezzo di integrazione e attraverso lo sport è possibile apprendere un modo sano di vita che oltre all’esercizio fisico si basa su un’alimentazione corretta.
In linea di principio, quindi, lo sport è un gioco con delle regole, per cui non avrei nulla da eccepire se si parlasse di gioco in senso lato, perché il gioco è anche socialità e scambio di esperienze. Quando il gioco si associa, però, alla parola azzardo mi pongo qualche domanda. E lo faccio da mamma, da rappresentante delle istituzioni. Se i volumi di affari sono quelli che vengono pubblicati e si arriva a definire malattia sociale quella dei giocatori compulsivi, c’è qualcosa che ci è sfuggito di mano.
Se si spendono per giochi e lotterie miliardi di euro e chi si avvicina al gioco lo fa nella speranza di un cambio radicale di vita, cerca nel biglietto quell’opportunità che nella vita fa fatica a trovare, è chiaro che qui si perde il senso del gioco e si specula sulle difficoltà delle persone. Le statistiche dicono anche che maggiore è lo stato di bisogno, più è alta la probabilità di lasciarsi sedurre dai giochi, dalle scommesse e dalle lotterie.
Qui entra in ballo la mia interrogazione parlamentare. Le istituzioni devono, per assolvere nel senso più alto del termine alle loro funzioni, agire da buon padre di famiglia. Ed è a chi consente e regola questo mercato che chiedo di verificare che sia stato fatto tutto il possibile per non lasciare soli i cittadini. E lo chiedo a me che siedo in Parlamento e che condivido questa responsabilità.
Personalmente credo che bisognerebbe ridurre la pubblicità su questi prodotti. Pubblicità che è visibile sulle reti televisive, su una infinità di siti internet e perfino sui social. Anche se si ripete che il gioco è vietato ai minori di 18 anni, come lo è per le sigarette e gli alcolici, poi sappiamo bene che si inizia a fumare a 12/13 anni e che si fa uso di birra e, peggio, di soft drink che promettono false prestazioni.
Per cui volendo rispondere alla sua domanda direi prima di tutto ridurre al minimo la pubblicità e attivare servizi di sostegno psicologico per le persone che chiedono aiuto. Perché la verità è che molti non ammettono di avere questo disturbo e sono convinti di poter smettere se e quando vogliono. Anche se poi realizzano di essere soli e fragili quando è troppo tardi, sono coperti di debiti, hanno perso la casa e in non pochi casi anche lavoro e famiglia.
Lei giustamente cita la pubblicità del gioco online e, aggiungiamo noi, le scommesse come pericolo per i giovani; soprattutto le scommesse sono legate al mondo dello sport e del calcio in generale, che è tra l’altro lo sport più seguito dai giovani. Eppure il governo non sembra preoccuparsi di questo aspetto, pensando piuttosto ad eliminare una sola offerta di gioco, quella delle slot. Che ne pensa al riguardo?
I giovani vanno aiutati con buoni esempi e messi al riparo dalle tentazioni. Molto spesso le pubblicità vengono proposte associate a un bonus di ingresso e un facile guadagno. Per non parlare dei volti noti che ne sono protagonisti. Lei sa bene che tanti pensano che si può provare, visto che non costa nulla, superando la curiosità del momento. È l’essere andati vicino alla meta che induce poi a riprovare e da lì, inizia la discesa.
La pubblicità è un messaggio e tanto più è incisiva, tanto più è fortunata e assolve al suo compito. Ma è un messaggio anche una posizione assunta dal governo. Il bilancio è fatto di numeri e dietro i numeri ci sono precise scelte politiche.
Il fatturato di questo settore è importante e autorizza a fermarsi al segno positivo, ma questo tipo di lettura, un po’ cinica, fa perdere di vista l’aspetto umano, il coinvolgimento quasi mai fortunato, di persone che si illudono. Tanto è matematico che il banco vince sempre e che viene messo in palio, forse, un terzo di quanto si gioca.
Il governo, fra legge di stabilità e manovrina, abbatterà notevolmente il numero degli apparecchi AWP, aumenterà le tasse per i gestori, creando notevoli difficoltà per le imprese di gestione, che hanno pari dignità lavorativa rispetto a qualsiasi altra industria, poiché sono imprese lecite autorizzate dallo Stato. Per non parlare poi delle leggi locali e regionali legate al distanziometro e limitazioni orarie. Del gioco online legale e illegale fruibile da smartphone e tablet, dei Gratta & Vinci acquistati dai minori (come dimostrato da numerosi studi quali Nomisma, Espad Italia, CNR) il sottosegretario Baretta non sembra preoccuparsene. Secondo lei non sarebbe opportuno e non più procrastinabile una riforma organica dell’intero settore gioco?
Ho molto rispetto per quanti danno vita a questa realtà, lo stesso rispetto che ho per tutti i lavoratori e ritengo che far ricadere sui privati i costi delle decisioni pubbliche può essere discutibile, ma è utile allo Stato e lascia il saldo invariato. Lo stesso cinismo che c’è dietro i numeri quando la loro lettura non tiene conto degli aspetti umani. Direi, però, che potrebbero ritornare nelle sale, nei bar, i vecchi flipper, il biliardino, il tennis tavolo, il biliardo e quegli intrattenimenti che consentono la socialità. Quegli svaghi che non durano il tempo di un giro di cilindri allineati e che, soprattutto, non rovinano le persone, non promettono guadagni illusori e che non misurano la grandezza della dea bendata, ma sviluppano abilità personali.
Le limitazioni imposte al livello locale in parte sono comprensibili. A differenza delle grandi città dove gli avventori sono occasionali, nei piccoli centri i giocatori sono amici e di queste persone si conoscono le famiglie, le storie e i sacrifici. Assistere impotenti alla loro deriva non è bello né facile.
Il riordino di un intero settore è sempre auspicabile perché gli interventi spot qualche volta introducono correttivi, ma non danno risposte misurabili. Circa quella che lei definisce scarsa attenzione ai giochi online credo, invece, che non sia da definirsi tale, ma è frutto di una concreta impossibilità a rincorrere, censire, oscurare siti spesso registrati all’estero e anche data dalla difficoltà di perseguire chi ci sta dietro.
L’Associazione Nazionale Sapar da tempo è impegnata in un percorso che prevede un approccio culturale al gioco, fatto anche di corsi di formazione per gestori ed esercenti, al fine di fornire loro una base di conoscenze che possano aiutarli a fornire un primo soccorso al potenziale giocatore. Secondo lei, se un’associazione di categoria è la prima a prendersi la responsabilità sociale e organizzare corsi legati alla prevenzione e formazione, lo Stato non dovrebbe addossarsi altrettanta responsabilità sociale e civile?
Devo dire che apprezzo gli sforzi che fa la Sapar, anche se è impossibile non fare una riflessione. Se le sale da gioco nascono e, come abbiamo ribadito, hanno interesse a conseguire utili anche per tutelare i lavoratori del comparto, e hanno ragione di esistere se c’è una consistente presenza di potenziali fruitori, gli associati non hanno nessun interesse a distogliere chi si avvicina al gioco, perché se gioca, quanto più gioca, più è importante il volume d’affari che ottiene.
Gli orari di apertura di queste sale, poi, fanno sì che spesso siano affidate a personale dipendente. Girando per Roma è facile capire che sono in mano a stranieri che non è escluso che possano beneficiare di incentivi proporzionali all’incasso o, possano trasformare queste sale in centri di attività illegali.
Proprio perché credo che lo Stato debba farsi carico della responsabilità sociale e civile che la legalizzazione del gioco e delle scommesse porta con sé, ho presentato l’interrogazione parlamentare. E non è un caso se ho chiesto, per scoraggiare i potenziali giocatori, di utilizzare al pari di quanto avviene per alcool e sigarette, non pubblicità accattivanti, ma immagini forti.
I giovani d’oggi sembrano non avere più obiettivi e mancano soprattutto luoghi di aggregazione sociale; la Sapar si sta adoperando per rilanciare il settore dell’intrattenimento puro, fatto di biliardini e flipper; tuttavia il settore è fermo da anni, le banche non concedono crediti perché assimilano il settore dell’intrattenimento a quello della vincita in denaro. Non le sembra che il governo dica di voler risolvere il problema del gioco ma poi faccia di tutto per non creare le basi per un’alternativa al gioco con vincita in denaro?
Lei mi insegna che chi gioca d’azzardo, scommette o si lascia tentare da lotterie e gratta e vinci, non è soggetto da trascorrere ore a trastullarsi con un flipper.
Chi si avvicina a questo mondo e lo frequenta compulsivamente, non andrebbe in una palestra o al cinema. Ha un disperato bisogno di provare a cambiare la sua vita. Ha un mutuo che non riesce a rimborsare, fa fatica ad arrivare alla fine del mese, manifesta un disagio. E gioca perché spera nella fortuna.
A proposito dei giovani e dei luoghi di aggregazione le rispondo da sportiva che per anni si è allenata in una palestra nella quale ci pioveva dentro.
Di recente il governo ha sottoscritto accordi con il Coni e molto sta facendo per la riqualificazione dei luoghi pubblici di aggregazione, sta incentivando l’apertura delle scuole anche d’estate, ha compreso l’importanza dell’attività motoria ad ogni età.
Finanziamenti sono andati alle periferie degradate, alle realtà difficili. Spero che si possano riqualificare impianti esistenti e che si possa investire – a breve – anche sulla costruzione di quelli nuovi. Una opportunità che abbiamo perso avendo rinunciato alla candidatura di Roma ai giochi Olimpici e Parlamipici del 2024.
Lo Stato non crea alternative alla dipendenza dal tabacco, la tassa. Eppure nessuna statistica dice che scoraggiamo i più giovani o che riduciamo il consumo di sigarette se aumentiamo i prezzi. Ma dei danni del tabagismo sono piene le riviste mediche e la collettività paga i costi sociali del fumo attivo e passivo. Così come ha definito malattia sociale la ludopatia. Un costo collettivo che dobbiamo sopportare perché è impossibile rinunciare a questo mercato.